Guadagnare Giocando da Minorenni: Possibile e Legale?

Guadagnare giocando da minorenni è possibile? Scopri se è legale, quali sono i limiti di età delle principali app e cosa dice la legge sulla riscossione dei premi.

In Breve (TL;DR)

Scopri se è possibile e legale per i minorenni guadagnare giocando online, analizzando le policy delle app e le normative vigenti.

Tuttavia, è fondamentale conoscere le policy sull’età minima delle diverse app e le implicazioni legali per i minori.

Analizzeremo le policy sull’età minima delle principali app e le implicazioni legali per la riscossione dei premi.

L’idea di trasformare una passione per i videogiochi in una fonte di guadagno affascina molti giovani. In un mondo digitale dove le opportunità sembrano infinite, adolescenti e bambini si chiedono se sia davvero possibile guadagnare giocando. Questa aspirazione, che unisce la tradizione del gioco con l’innovazione delle nuove tecnologie, solleva però importanti questioni. È legale per un minorenne in Italia percepire un reddito da attività di gaming online? La risposta è complessa e si muove tra normative sulla capacità di agire, responsabilità genitoriale e regole imposte dalle stesse piattaforme di gioco.

Questo articolo esplora il panorama italiano ed europeo, analizzando le condizioni legali, fiscali e pratiche che regolano il guadagno online per i minori. L’obiettivo è offrire una guida chiara a ragazzi e genitori, per navigare con sicurezza in un settore in continua evoluzione. Dalle implicazioni contrattuali alla gestione dei guadagni, verranno esaminati tutti gli aspetti per capire come un hobby possa, a determinate condizioni, diventare una piccola e regolamentata attività economica, sempre nel rispetto della legge e della tutela dei più giovani.

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Il Contesto Normativo: Cosa Dice la Legge Italiana

In Italia, la legge stabilisce che la piena capacità di agire si acquisisce al compimento dei 18 anni. Prima di questa età, un individuo è considerato legalmente incapace di stipulare contratti validi in autonomia. Un contratto firmato da un minorenne è, di norma, annullabile. Questo significa che i genitori possono richiederne l’annullamento e ottenere la restituzione di eventuali somme pagate. Esiste un’eccezione per gli “atti della vita quotidiana”, ovvero piccoli acquisti commisurati all’età e alla disponibilità economica del ragazzo, come comprare una rivista o una ricarica. Tuttavia, guadagnare online in modo continuativo difficilmente rientra in questa categoria.

La normativa sul lavoro fissa a 16 anni l’età minima per accedere a un impiego, a condizione di aver concluso il percorso di istruzione obbligatoria. Esistono deroghe per settori specifici come quello culturale, artistico, sportivo e pubblicitario, dove è possibile iniziare prima, ma solo con l’autorizzazione scritta dei genitori e l’approvazione della Direzione Territoriale del Lavoro. Queste regole si applicano anche alle attività online, che, se svolte con professionalità e continuità, possono essere equiparate a un vero e proprio lavoro. Pertanto, un’attività di gaming finalizzata al guadagno sistematico richiede una struttura legale ben definita.

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Il Ruolo Cruciale dei Genitori e il Consenso

Quando si parla di minorenni e guadagni online, la figura dei genitori è centrale e insostituibile. Qualsiasi attività economica intrapresa da un minore richiede il loro consenso e, spesso, il loro intervento diretto. Le piattaforme che permettono di monetizzare contenuti o abilità, come YouTube attraverso Google AdSense o i sistemi di pagamento delle app, richiedono che il titolare dell’account per la ricezione dei pagamenti sia maggiorenne. Di conseguenza, è un genitore a dover creare e gestire l’account, diventando di fatto il rappresentante legale del figlio per le transazioni finanziarie.

Questa supervisione non è solo una formalità tecnica, ma una precisa responsabilità legale. I genitori sono responsabili degli atti compiuti dai figli minorenni, inclusi quelli online. Devono quindi autorizzare l’attività, vigilare sulla sua corretta esecuzione e gestire i proventi. Ad esempio, per vendere oggetti su piattaforme come Vinted, un minore di 18 anni necessita del permesso dei genitori, e l’account di pagamento collegato (come PayPal) deve essere intestato a un adulto. Ignorare queste regole può rendere i contratti non validi e creare complicazioni legali.

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Piattaforme di Gioco e App: L’Età Minima Conta

Ogni piattaforma digitale, che sia un app store, un social network o un gioco online, stabilisce le proprie regole di accesso attraverso i “Termini di Servizio”. La maggior parte di esse fissa un’età minima per la creazione di un account, solitamente 13 anni, ma richiede la maggiore età (18 anni) per gestire transazioni finanziarie. Ad esempio, per utilizzare PayPal, strumento spesso usato per ricevere i pagamenti dalle app per guadagnare giocando, è necessario avere 18 anni. Questo significa che un minore può usare l’app, ma il premio deve essere riscosso da un genitore.

È importante non confondere l’età minima per l’utilizzo di un’app con la classificazione PEGI (Pan European Game Information). Il sistema PEGI (con etichette come 3, 7, 12, 16, 18) indica l’età consigliata in base ai contenuti del videogioco, come violenza o linguaggio scurrile, per proteggere i minori da materiale non appropriato. Non ha alcuna valenza legale o contrattuale riguardo la possibilità di guadagnare. Pertanto, anche un gioco classificato come PEGI 3 potrebbe avere nei suoi termini di servizio un’età minima di 13 anni per l’iscrizione e di 18 per la monetizzazione.

Scopri di più →

Guadagni e Tasse: Come Comportarsi con il Fisco

Un aspetto spesso trascurato è che qualsiasi guadagno, anche se generato da un minorenne attraverso un’attività di gioco, è potenzialmente soggetto a tassazione. La legge italiana non prevede esenzioni basate sull’età. Se i guadagni diventano regolari e superano le soglie di irrilevanza fiscale, devono essere dichiarati. In questo scenario, sono i genitori, in qualità di rappresentanti fiscali del figlio, a dover includere tali redditi nella propria dichiarazione dei redditi. I proventi rientrano generalmente nella categoria dei “redditi diversi”.

È fondamentale distinguere la provenienza dei guadagni. Le vincite ottenute su piattaforme di scommesse e gioco d’azzardo legali in Italia (con licenza ADM) sono soggette a una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, quindi la somma ricevuta è già al netto delle tasse. Al contrario, i guadagni derivanti da modelli Play-to-Earn, tornei e piattaforme estere non autorizzate devono essere inseriti manualmente nella dichiarazione. Una gestione trasparente, utilizzando metodi di pagamento tracciabili come carte prepagate intestate al minore ma gestite dai genitori, è essenziale per evitare problemi con il fisco. Per una comprensione completa degli obblighi, è utile consultare una guida fiscale sui guadagni da app.

Opportunità Concrete e Rischi da Conoscere

Le strade per guadagnare giocando sono diverse. La più nota è quella del Pro-Gaming, dove i giocatori competono in tornei di eSports con montepremi talvolta milionari. Questa carriera, però, richiede talento, dedizione e una struttura di supporto (team e famiglia). Un’altra via è diventare content creator su piattaforme come YouTube o Twitch, guadagnando da pubblicità, sponsorizzazioni e donazioni del pubblico. Anche in questo caso, il successo richiede costanza e il supporto di un adulto per la gestione degli aspetti burocratici.

Esistono poi le app “Play-to-Earn” che promettono ricompense per il tempo trascorso a giocare. Sebbene esistano app legittime, i guadagni sono spesso esigui. È fondamentale essere consapevoli dei rischi: molte piattaforme nascondono meccanismi simili al gioco d’azzardo, un confine che la legge italiana sorveglia con attenzione. Inoltre, il mondo online espone i minori a pericoli come truffe, contatto con malintenzionati e pressione psicologica. Una ricerca di Save the Children ha evidenziato che il 5,7% dei minori in Italia svolge attività lavorative online, a volte senza un’adeguata supervisione, esponendosi a rischi significativi.

Conclusioni

disegno di un ragazzo seduto a gambe incrociate che regge un laptop con scritto dietro allo schermo Conclusioni

In conclusione, guadagnare giocando da minorenni in Italia è un percorso possibile ma non semplice. Non è un’attività che un ragazzo possa intraprendere in totale autonomia. La legge richiede il coinvolgimento attivo e la responsabilità dei genitori, che devono agire come garanti legali e fiscali. Dalla stipula dei contratti con le piattaforme alla dichiarazione dei redditi, ogni passo deve essere compiuto nel rispetto delle normative vigenti. La distinzione tra un hobby e un’attività economica strutturata è fondamentale per capire quali obblighi ne derivano.

Se da un lato l’innovazione digitale apre a nuove forme di guadagno come i giochi NFT, dall’altro la tradizione giuridica pone la tutela del minore al primo posto. Per i giovani talenti e le loro famiglie, la chiave è l’informazione: conoscere le regole, comprendere i rischi e agire con trasparenza. Solo così la passione per i videogiochi può trasformarsi in un’esperienza formativa e, perché no, in una piccola e sicura fonte di reddito, costruendo un ponte equilibrato tra divertimento e responsabilità.

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Domande frequenti

disegno di un ragazzo seduto con nuvolette di testo con dentro la parola FAQ
È legale per un minorenne guadagnare soldi giocando online in Italia?

Sì, è possibile ma con delle regole precise. In Italia, l’età minima per un lavoro retribuito è generalmente di 16 anni, a condizione che non interferisca con l’obbligo scolastico. Per attività online come lo streaming di videogiochi o la creazione di contenuti, che possono generare guadagni, è fondamentale il consenso e la supervisione dei genitori. I genitori, infatti, agiscono come rappresentanti legali e sono responsabili della gestione dei contratti e degli aspetti fiscali fino al compimento dei 18 anni del figlio.

A che età posso iniziare a guadagnare con app e giochi online?

L’età minima dipende dalle policy della singola piattaforma. Molti social e piattaforme di gaming, come Twitch o YouTube, richiedono almeno 13 o 14 anni per creare un account, spesso con il consenso dei genitori. Tuttavia, per riscuotere guadagni diretti tramite servizi come PayPal, è necessario avere 18 anni. Di conseguenza, i guadagni di un minorenne devono essere gestiti attraverso un account intestato a un genitore o tutore legale, che si assume la responsabilità della gestione finanziaria.

I soldi che guadagno giocando vanno dichiarati?

Sì, qualsiasi reddito generato online, anche se di modesta entità e percepito da un minorenne, deve essere dichiarato al Fisco. Non esistono soglie di esenzione specifiche per i minori. La responsabilità della dichiarazione ricade sui genitori o su chi esercita la potestà genitoriale, i quali devono includere i guadagni del figlio nella propria dichiarazione dei redditi. Ignorare questo obbligo può portare a sanzioni.

Quali sono le piattaforme più usate dai minorenni per guadagnare giocando?

Alcune piattaforme popolari includono la creazione e vendita di contenuti o mini-giochi su Roblox, lo streaming su Twitch e la pubblicazione di video su YouTube. Esistono anche app che promettono ricompense giocando a quiz o altri passatempi, ma i guadagni sono generalmente molto bassi. Un settore in crescita è quello dei giochi “Play-to-Earn” (P2E) basati su blockchain, che permettono di guadagnare criptovalute e NFT, sebbene comportino rischi e spesso richiedano un investimento iniziale.

Quali sono i principali rischi per un minorenne che cerca di guadagnare online?

I rischi sono molteplici. Oltre alle truffe e alle app che non pagano quanto promesso , i minori sono esposti a pericoli come il cyberbullismo, l’adescamento online e la diffusione non autorizzata di dati personali. È cruciale che i genitori supervisionino attivamente l’attività online dei figli, impostando limiti e mantenendo un dialogo aperto sui pericoli della rete. La gestione finanziaria, inoltre, deve essere trasparente e controllata da un adulto per evitare problemi legali e fiscali.